lunedì, novembre 13, 2006

Relazione presentata al convegno "Gli obbiettivi delle scuole di arte panaria nel prossimo triennio" a Varese


Una decina di anni fa nel 1996, per conto del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche dell’Università degli Studi di Milano, mi accupai di monitorare dettagliatamente e su tutto il territorio nazionale, la situazione della formazione professionale per lo specifico settore della panificazione. Le conclusioni dello studio, apparvero ben presto poco confortanti delineando un quadro della situazione della formazione professionale nell’arte della panificazione, negli Istituti italiani, abbastanza problematica. Prima fra tutto veniva messo in evidenza il ridotto anzi, in alcuni casi, ridottissimo numero delle ore di laboratorio rispetto al totale delle ore settimanali, solo 5 ore di laboratorio su una totalità di 30 ore alla settimana, la mancanza in alcuni Istituti della trattazione della microbiologia, materia fondamentale in un settore in cui il prodotto alimentare risulta derivare esclusivamente dal un processo metabolico, il numero ridotto di anni per conseguire la qualifica in Italia, rispetto alle restanti nazioni europee dove esistevano ed esistono tutt’ora scuole in cui la formazione tecnico–professionale è suddivisa in quattro o addirittura cinque anni oltre alla scelta non sempre adeguata dei docenti di laboratorio che risultavano essere molto spesso o poco qualificati per insegnare l’arte della panificazione oppure, la maggior parte dei casi, dei panificatori in pensione, scelti a caso, poco o per nulla motivati per il raggiungimento dei limiti di età, poco aperti alle innovazioni, improvvisatori e abbastanza approssimativi. Degli ottimi e stimati professionisti ma decisamente non dei formatori. Per anni, la situazione fotografata nel 1996, rappresentò purtroppo la realtà della formazione professionale italiana nel settore della panificazione non solo, ma la cosa peggiore fu proprio il fatto che questa condizione fece apparire un quadro irreale ed abbastanza offuscato del ruolo svolto dalle scuole professionali, creando una mancanza di collegamento tra le istituzioni, gli utenti ed il mondo del lavoro. Fu molto facile, in questo terreno fertile, far crescere la pianta della disinformazione e far credere per anni che i Centri di Formazione Professionale fossero solamente delle scuole di serie B sminuendo e qualche volta avvilendo tutto il personale che si occupava di Formazione Professionale e che credeva seriamente nel Sistema di Istruzione e di Formazione Professionale. Inoltre la mancanza proprio di una non conoscenza diretta del mondo del lavoro legato alla professione di panificatore - pasticcere, aiuto – cuoco , operatore sala – bar, per restare solamente nel settore alimentare, ha diffuso una grande disinformazione per quanto riguarda le scelte professionali a tal punto che per alcuni ragazzi la scelta era dettata da motivazioni futili e non da una seria convinzione. Oltre a questo, si verificava anche l’ipotesi che la scelta non fosse personalmente voluta ma obbligata da una serie di circostanze personali legate ad esperienze scolastiche già vissute negativamente. L’immagine delle scuole professionali veniva quindi notevolmente distorta dai genitori e dai docenti delle scuole medie inferiori a tal punto che veniva considerata la scuola del “ripiego” per certe situazioni, per cui scegliere di fare il panificatore, il florovivaista, l’acconciatore, il falegname, era più o meno la stessa cosa. I ragazzi dovevano solo frequentare perché non veniva data loro alcuna altra possibilità dopo l’ennesima bocciatura alle scuole superiori ed il diploma di una Scuola media inferiore iniziava già a non bastare. La maggior parte di loro veniva licenziata dalla Scuola media inferiore con la fatidica frase: ” Si consiglia un breve corso di formazione professionale” ed è chiaro che alla luce di queste parole anche il più volenteroso si convinceva che non poteva fare altrimenti perchè aveva, per così dire…la strada sbarrata e l’utenza delle scuole professionali si riduceva a dei ragazzi che presentavano oltre a problemi scolastici anche problemi sociali e comportamentali. Così facendo per anni si è arrivati, a mio avviso, alla scomparsa proprio della cultura dei lavori manuali, come appunto il panificatore e questo per scarsa o non corretta informazione. I giovani di oggi non sanno che cosa faccia veramente in pratica o di che cosa si occupi in realtà il maniscalco né tanto meno quale sia il vero lavoro del panificatore per cui, non conoscendo certe realtà lavorative, non potranno mai appassionarsi ad esse. A parere mio, nel nostro specifico settore, questo può anche essere dovuto ad una mancanza di cultura da parte del consumatore per quanto riguarda il prodotto pane a tal punto da ritenerlo non più rispettoso della nostra cultura e delle tradizioni locali e nazionali. E’ chiaro che, in questa situazione, una non corretta informazione televisiva ha trovato una condizione ideale nel far credere che il pane abbia un elevato potere calorico e che sia nutrizionalmente più corretta l’assunzione giornaliera di prodotti fortemente pubblicizzati alla televisione rispetto ad una semplice fetta di pane. Ecco quindi come, ancora una volta, la formazione, intesa sia come aggiornamento degli operatori del settore sia e soprattutto come formazione professionale delle giovani leve, rivesta un ruolo estremamente importante ed insostituibile nell’ istruire i giovani e dar loro quel bagaglio culturale tecnico professionale che non sarebbe possibile acquisire in altro modo. E’ importante sottolineare e ribadire che la scuola in generale non deve essere vista e vissuta solamente come un “obbligo formativo” o una “sosta” per ragazzi che non sanno cosa altro fare, ma deve rappresentare un momento estremamente importante e basilare nella formazione di chiunque soprattutto per ragazzi che scelgono di svolgere come professione un lavoro manuale come il nostro e nel cui mondo lavorativo è immediata la coerenza tra l’attività lavorativa scelta e la formazione specifica ricevuta. Oggi i tempi richiedono conoscenze tecniche molto più approfondite perchè il ruolo del panificatore è cambiato notevolmente ; non basta più insegnare solamente e praticamente a “fare il pane” ma il docente di pratica deve essere prima di tutto un formatore, un formatore altamente qualificato con competenze teorico – pratiche specifiche e questo …purtroppo è ancora, per alcuni Centri Professionali, un piccolo, grande problema! Il panificatore di oggi non è più un praticone all’antica ma un vero e proprio imprenditore. E’ importante quindi comprendere come nei Centri di Formazione professionali le materie che vengono insegnate, soprattutto quelle che presentano una notevole attinenza con le materie pratiche, tra le quali proprio le conoscenze di microbiologia, merceologia, tecnica professionale, debbano essere spiegate ai ragazzi dallo stesso docente di pratica quotidianamente nelle ore di laboratorio cioè in quel momento in cui al ragazzo si insegna a “muovere le mani”.
Il ruolo degli Enti di Formazione Professionale dovrà essere sempre di più quello di creare IMPRENDITORI con senso di responsabilità e dovere, in virtù soprattutto delle modifiche apportate al recente Decreto 223/2006 nel quale compaiono e compariranno le definizioni legali di “pane fresco”, “pane conservato”, “panificio” e “responsabile dell’attività produttiva”, oltre al fatto di insegnare ai ragazzi una professione, dar loro un istruzione tecnica specifica ed adeguata alle mansioni richieste, garantire un fattiva collaborazione tra l’Ente stesso e le aziende che ospitano i ragazzi durante il periodo di stage formativo, ridurre il tempo di inserimento nel mondo lavorativo, ecc. A questo proposito, secondo una recente analisi effettuata proprio dall’Assessorato al Lavoro Formazione Professionale ed Istruzione della Provincia di Varese, per i corsi conclusosi nel 2002 e a 12 mesi dal termine dei corsi, è stato valutato che tale periodo risulta essere inferiore ai tre mesi.
Se mi permettete vorrei concludere con un auspicio che… i tagli economici operati alla formazione professionale non vadano ancora una volta e sempre di più, a discapito della qualità dell’offerta formativa in quanto il ruolo dei Centri di formazione professionale è e resta insostituibile.
Personalmente sono 15 anni che mi occupo di formare i giovani futuri panificatori e posso dire e sottolineare ancora una volta che non ci si improvvisa formatori ma lo si diventa solo con lo studio, con corsi specifici, con il tempo e con un pochino di predisposizione personale. La responsabilità di quello che si sta facendo, il senso del dovere e la professionalità devono essere insegnate insieme alla tecnica; le Agenzie Formative lo devono pretendere da chiunque, docenti e ragazzi, perché è il mondo del lavoro che lo esige. Solo così si potrà dire di …aver fatto formazione e di aver contribuito a formare i panificatori del domani! Grazie