venerdì, febbraio 28, 2014

Pane e pizza: l'arte bianca incontra l'olio d'oliva



La produzione di prodotti da forno richiede frequentemente l’impiego di quantità non trascurabili di sostanza grassa. La natura e il contenuto dei lipidi nei prodotti da forno sono molto variabili in base alla tipologia e formulazione degli stessi. Fino a qualche anno fa i lipidi più utilizzati nella preparazione del pane, pizze e prodotti da forno in generale erano: burro, strutto e olio di oliva. Negli ultimi anni, per problemi legati all’insorgenza di patologie particolari, si è assistito alla tendenza di sostituire, per alcuni prodotti, sostanze grasse come lo strutto con l’olio d’oliva rilegando la sostanza grassa animale sono in alcune specialità tipiche regionali e tradizionali (piada, erbazzone reggiano, cannoli siciliani, pani di pasta dura dell’Emilia Romagna, Coppia ferrarese IGP, tigelle modenesi, prodotti napoletani, ecc.). Anche il burro, nelle preparazioni dolci, dove possibile, è stato sostituto o al massimo ridotto a favore dell’olio d’oliva ottenendo ottimi risultati. Il contenuto di lipidi può variare dal 5% al 15% per alcuni prodotti sostitutivi del pane, quali fette biscottate, cracker, grissini, fino ad arrivare al 20-30% nel caso di prodotti dolci, quali biscotti e torte. Quelli di cui si fa riferimento, sono pertanto le sostanze grasse che rientrano nell’impasto come ingredienti, perché quelli naturalmente presenti nel germe della cariosside sono stati eliminati per non creare irrancidimenti indesiderati e/o formazioni di perossidi nelle farine, garantendo così una maggior shelf – life della stessa. Le sostanze grasse, se presenti in percentuale inferiore al 5.0%, svolgono un ruolo tecnologico legato alla loro azione lubricante: il glutine sarà caratterizzato da una maggiore estensibilità prima della rottura promuovendo uno sviluppo in volume maggiore nel prodotto finito. Sono quindi in grado di interagire con le gliadine e le glutenine (proteine strutturali della matrice glutinica) aumentandone la loro capacità di allungamento e consentendo quindi un maggior aumento di volume dell’impasto, sia nella lievitazione sia durante i primi minuti di cottura. L’aumento massimo di volume si raggiunge con una percentuale del 5.0 – 6.0% dopodiché si nota un’abbondante diminuzione. Se la percentuale di utilizzo è elevata, l’impasto diventa short (corto) e perde in maniera rilevante la sua estensibilità; fenomeno che giustifica la definizione di shortening per identificare comunemente questi ingredienti. I lipidi polari come mono e di gliceridi stabilizzano inoltre le bolle d’aria createsi durante l’impastamento, assicurando alla mollica un’alveolatura più fine e regolare.  L’utilizzo dei lipidi fa sì che la struttura superficiale dell’impasto sia modificata, ossia che si formi un sottile strato di sostanza grassa tra i granuli di amido e le proteine che formano il glutine. Teorie contrastanti hanno cercato di dimostrare la loro funzione; prima valutando l’ipotesi che fossero organizzati in un doppio strato, chiuso a “sandwich”, tra le proteine del glutine e in seguito considerandoli come un ponte tra i vari elementi del glutine stesso. Non ultimo va ricordato che aumentano la shelf – life o vita di scaffale del prodotto finale perché rallentano i fenomeni che sono alla base del raffermamento. Durante la conservazione, i lipidi prevengono le iterazioni tra le molecole di amido, rendendo più lenta la loro riorganizzazione (retrogradazione), ostacolano la migrazione delle molecole di acqua tra amido e proteine, rallentando ulteriormente i fenomeni essiccativi tipici proprio delle alterazioni molecolari; principali fattori alla base della perdita di accettabilità da parte del consumatore. Analisi sperimentali hanno dimostrato che per una shelf life di un giorno l’effetto dei monogliceridi sulla sofficità della mollica è superiore rispetto all’impiego degli shortening; dopo tale periodo si ha invece l’inversione di tendenza. Tali osservazioni sono fondamentali in termini di prospettive migliori di shelf life o di durata commerciale degli stessi pani. E’ fondamentale quindi porre l’accento sull’importanza dell’azione tecnologia dei lipidi sui prodotti dell’arte bianca soprattutto con riferimento a:

v  Aerazione degli impasti.
v  Ritenzione dei gas nella maglia glutinica e miglior sofficità della mollica.
v  Azione plasticizzante.
v  Azione anti-raffermimento.
v  Miglioramento proprietà sensoriali e affettatura.
v  Azione lubrificante.
v  Quantità elevate però inibiscono l’azione dei microrganismi (blastomiceti, LAB, ecc.).

L’aerazione degli impasti è la capacità degli stessi di incorporare l’aria o i gas prodotti durante la fermentazione e varia in base alla tipologia d’impasto e al tipo d’impastatrice utilizzata. Il grado d’intrappolamento dei gas nell’impasto dipende dalla forza del glutine, a sua volta influenzata dalla formazione dei complessi gliadine-lipide-glutenine.
La ritenzione dei gas è basilare perché maggiore è la ritenzione di gas nella maglia glutinica tanto più elevati, sono l’incremento di volume, la sofficità o morbidezza dei prodotti da forno lievitati. Secondo alcune teorie, un aumento della ritenzione dei gas per azione dei grassi è da attribuirsi anche alla loro capacità di aumentare la temperatura di gelatinizzazione dell’amido. Poiché l’aumento di volume si arresta quando l’amido è gelatinizzato, l’addizione di grassi consente di prolungare nel tempo il momento di fine espansione dell’impasto. Conseguentemente, è possibile ottenere prodotti da forno più lievitati.
L’azione plasticizzante è invece la proprietà che rende possibile la fase di miscelazione e il mantenimento di una consistenza costante dell’impasto. Poiché la concentrazione di lipidi nell’impasto è inversamente proporzionale al contenuto di acqua, un opportuno dosaggio di questi composti consente di modulare i valori di umidità relativa dei prodotti da forno.
Per azione antiraffermo, s’intende la capacità dei grassi di ritardare il processo di retrogradazione dell’amido, che è alla base del raffermamento dei prodotti da forno, si deve attribuire alla formazione di complessi tra i lipidi (o gli emulsionanti) e l’amilosio. Grazie alla sua configurazione elicoidale, l’amilosio è in grado di intrappolare le catene alifatiche degli acidi grassi. La formazione del complesso è influenzata dalla lunghezza e dal numero d’insaturazioni presenti all’interno della molecola, olii rispetto ai grassi animali. I lipidi con un maggiore grado d’insaturazione e isomeria di simmetria cis sono più efficaci nel rallentare il fenomeno del raffermamento. I complessi lipide-amilosio sono insolubili in acqua e tenuti insieme da interazioni idrofobiche. Il complesso insolubile collocandosi alla superficie dei granuli di amido, ne rallenta l’assorbimento di acqua, prevenendo, di fatto, la gelatinizzazione dell’amido. Poiché il processo di retrogradazione riguarda solo l’amido gelatinizzato, ne consegue che la presenza di complessi lipide-amido contribuisce a prevenire il raffermamento dei prodotti da forno.  Per quanto riguarda invece le proprietà sensoriali si può affermare che a questo proposito i grassi influenzano notevolmente le variabili olfattive, gustative e visive dei prodotti da forno. Gli attributi sensoriali maggiormente influenzati dalla presenza di grassi nella formulazione sono: l’aroma, l’aspetto (olii spruzzati sulla superficie di cracker dopo cottura, conferiscono un aspetto traslucido apprezzato dal consumatore) e caratteri a loro volta legati alle proprietà reologiche del prodotto, tra le quali la morbidezza (importante nel caso di torte, merendine, ecc.) e la croccantezza/friabilità (biscotti, cracker, grissini, croissant, ecc.). In quest’ultimo caso la funzione tecnologica del grasso è di “rompere” la struttura del glutine e consentire al prodotto di spezzarsi facilmente sotto l’azione dei denti.
Sulla base delle considerazioni fatte fino a questo momento, si può affermare che le sostanze grasse svolgono un ruolo predominante sulle caratteristiche reologiche degli impasti rivestendo un ruolo decisivo alla pari sia di altre variabili processo sia delle caratteristiche intrinseche delle cultivar di frumento, tipo di concimazione, momento della mietitura, maturazione della farina ecc. Tra le variabili processo è bene ricordare:
v  La quantità di acqua aggiunta e le modalità (tempo e velocità) d’impastamento.
v  Tipologia di lavoro adottata (autolisi, doppio impasto ecc.).
v  Riposi, puntate e piegature.
v  Temperatura dell’acqua utilizzata, dell’impasto e di lavoro.
v  Presenza di ingredienti con elevata affinità con l’acqua e che posso competere con le proteine del glutine per legarla e trattenerla (zuccheri, fibra, polisaccaridi non amido, sale, ecc.).
v  Presenza di ingredienti particolarmente ricchi di amido e non di glutine che provoca un indebolimento della struttura stessa per la formazione di un reticolo con maglie meno fitte.
v  Presenza di ingredienti che contengono macromolecole come le fibre che creano una “rottura” delle maglie del tessuto.
v  Presenza di pentosani.
v  Utilizzo di lievito secco negli impasti “freddi”.

E’ chiaro che la scelta dell’impiego di una sostanza grassa rispetto a un'altra prevede quindi una serie di valutazioni prima di tutto reologiche - tecnologiche di processo (lavorabilità, stabilizzante, ecc.), sensoriali, nutrizionali e specificatamente chimico – fisiche legate alle caratteristiche intrinseche naturali della sostanza grassa tali da incontrare le esigenze produttive. Attualmente, lo standard e l’accettabilità da parte del consumatore, di un prodotto dell’arte bianca contenente sostanza grassa, sono dovuti oltre che alla quantità e qualità di lipidi presenti, anche all’assenza di colesterolo, ridotto apporto calorico, presenza di vitamine, fosfolipidi e antiossidanti, leggerezza e friabilità, shelf - life più prolungata. L’attenzione sempre maggiore del consumatore verso il cibo porta quest’ultimo a non essere più solamente la primaria fonte di sostentamento, ma essere considerato sinonimo di salute, digeribilità e benessere. Ecco spiegato perché molti prodotti dell’arte bianca che prima erano realizzati con percentuali oltre il 30% di strutto, 50 - 60% di burro e 40% di uova (% calcolate in peso sulla farina) acquistano un nuovo e maggior impatto di marketing pubblicitario oltre che salutistico - nutrizionale se realizzati con l’oro delle nostre tavole che tutela salute, benessere, tipicizzazione, tradizione e cultura.