lunedì, novembre 13, 2006

Relazione presentata al convegno "Gli obbiettivi delle scuole di arte panaria nel prossimo triennio" a Varese


Una decina di anni fa nel 1996, per conto del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche dell’Università degli Studi di Milano, mi accupai di monitorare dettagliatamente e su tutto il territorio nazionale, la situazione della formazione professionale per lo specifico settore della panificazione. Le conclusioni dello studio, apparvero ben presto poco confortanti delineando un quadro della situazione della formazione professionale nell’arte della panificazione, negli Istituti italiani, abbastanza problematica. Prima fra tutto veniva messo in evidenza il ridotto anzi, in alcuni casi, ridottissimo numero delle ore di laboratorio rispetto al totale delle ore settimanali, solo 5 ore di laboratorio su una totalità di 30 ore alla settimana, la mancanza in alcuni Istituti della trattazione della microbiologia, materia fondamentale in un settore in cui il prodotto alimentare risulta derivare esclusivamente dal un processo metabolico, il numero ridotto di anni per conseguire la qualifica in Italia, rispetto alle restanti nazioni europee dove esistevano ed esistono tutt’ora scuole in cui la formazione tecnico–professionale è suddivisa in quattro o addirittura cinque anni oltre alla scelta non sempre adeguata dei docenti di laboratorio che risultavano essere molto spesso o poco qualificati per insegnare l’arte della panificazione oppure, la maggior parte dei casi, dei panificatori in pensione, scelti a caso, poco o per nulla motivati per il raggiungimento dei limiti di età, poco aperti alle innovazioni, improvvisatori e abbastanza approssimativi. Degli ottimi e stimati professionisti ma decisamente non dei formatori. Per anni, la situazione fotografata nel 1996, rappresentò purtroppo la realtà della formazione professionale italiana nel settore della panificazione non solo, ma la cosa peggiore fu proprio il fatto che questa condizione fece apparire un quadro irreale ed abbastanza offuscato del ruolo svolto dalle scuole professionali, creando una mancanza di collegamento tra le istituzioni, gli utenti ed il mondo del lavoro. Fu molto facile, in questo terreno fertile, far crescere la pianta della disinformazione e far credere per anni che i Centri di Formazione Professionale fossero solamente delle scuole di serie B sminuendo e qualche volta avvilendo tutto il personale che si occupava di Formazione Professionale e che credeva seriamente nel Sistema di Istruzione e di Formazione Professionale. Inoltre la mancanza proprio di una non conoscenza diretta del mondo del lavoro legato alla professione di panificatore - pasticcere, aiuto – cuoco , operatore sala – bar, per restare solamente nel settore alimentare, ha diffuso una grande disinformazione per quanto riguarda le scelte professionali a tal punto che per alcuni ragazzi la scelta era dettata da motivazioni futili e non da una seria convinzione. Oltre a questo, si verificava anche l’ipotesi che la scelta non fosse personalmente voluta ma obbligata da una serie di circostanze personali legate ad esperienze scolastiche già vissute negativamente. L’immagine delle scuole professionali veniva quindi notevolmente distorta dai genitori e dai docenti delle scuole medie inferiori a tal punto che veniva considerata la scuola del “ripiego” per certe situazioni, per cui scegliere di fare il panificatore, il florovivaista, l’acconciatore, il falegname, era più o meno la stessa cosa. I ragazzi dovevano solo frequentare perché non veniva data loro alcuna altra possibilità dopo l’ennesima bocciatura alle scuole superiori ed il diploma di una Scuola media inferiore iniziava già a non bastare. La maggior parte di loro veniva licenziata dalla Scuola media inferiore con la fatidica frase: ” Si consiglia un breve corso di formazione professionale” ed è chiaro che alla luce di queste parole anche il più volenteroso si convinceva che non poteva fare altrimenti perchè aveva, per così dire…la strada sbarrata e l’utenza delle scuole professionali si riduceva a dei ragazzi che presentavano oltre a problemi scolastici anche problemi sociali e comportamentali. Così facendo per anni si è arrivati, a mio avviso, alla scomparsa proprio della cultura dei lavori manuali, come appunto il panificatore e questo per scarsa o non corretta informazione. I giovani di oggi non sanno che cosa faccia veramente in pratica o di che cosa si occupi in realtà il maniscalco né tanto meno quale sia il vero lavoro del panificatore per cui, non conoscendo certe realtà lavorative, non potranno mai appassionarsi ad esse. A parere mio, nel nostro specifico settore, questo può anche essere dovuto ad una mancanza di cultura da parte del consumatore per quanto riguarda il prodotto pane a tal punto da ritenerlo non più rispettoso della nostra cultura e delle tradizioni locali e nazionali. E’ chiaro che, in questa situazione, una non corretta informazione televisiva ha trovato una condizione ideale nel far credere che il pane abbia un elevato potere calorico e che sia nutrizionalmente più corretta l’assunzione giornaliera di prodotti fortemente pubblicizzati alla televisione rispetto ad una semplice fetta di pane. Ecco quindi come, ancora una volta, la formazione, intesa sia come aggiornamento degli operatori del settore sia e soprattutto come formazione professionale delle giovani leve, rivesta un ruolo estremamente importante ed insostituibile nell’ istruire i giovani e dar loro quel bagaglio culturale tecnico professionale che non sarebbe possibile acquisire in altro modo. E’ importante sottolineare e ribadire che la scuola in generale non deve essere vista e vissuta solamente come un “obbligo formativo” o una “sosta” per ragazzi che non sanno cosa altro fare, ma deve rappresentare un momento estremamente importante e basilare nella formazione di chiunque soprattutto per ragazzi che scelgono di svolgere come professione un lavoro manuale come il nostro e nel cui mondo lavorativo è immediata la coerenza tra l’attività lavorativa scelta e la formazione specifica ricevuta. Oggi i tempi richiedono conoscenze tecniche molto più approfondite perchè il ruolo del panificatore è cambiato notevolmente ; non basta più insegnare solamente e praticamente a “fare il pane” ma il docente di pratica deve essere prima di tutto un formatore, un formatore altamente qualificato con competenze teorico – pratiche specifiche e questo …purtroppo è ancora, per alcuni Centri Professionali, un piccolo, grande problema! Il panificatore di oggi non è più un praticone all’antica ma un vero e proprio imprenditore. E’ importante quindi comprendere come nei Centri di Formazione professionali le materie che vengono insegnate, soprattutto quelle che presentano una notevole attinenza con le materie pratiche, tra le quali proprio le conoscenze di microbiologia, merceologia, tecnica professionale, debbano essere spiegate ai ragazzi dallo stesso docente di pratica quotidianamente nelle ore di laboratorio cioè in quel momento in cui al ragazzo si insegna a “muovere le mani”.
Il ruolo degli Enti di Formazione Professionale dovrà essere sempre di più quello di creare IMPRENDITORI con senso di responsabilità e dovere, in virtù soprattutto delle modifiche apportate al recente Decreto 223/2006 nel quale compaiono e compariranno le definizioni legali di “pane fresco”, “pane conservato”, “panificio” e “responsabile dell’attività produttiva”, oltre al fatto di insegnare ai ragazzi una professione, dar loro un istruzione tecnica specifica ed adeguata alle mansioni richieste, garantire un fattiva collaborazione tra l’Ente stesso e le aziende che ospitano i ragazzi durante il periodo di stage formativo, ridurre il tempo di inserimento nel mondo lavorativo, ecc. A questo proposito, secondo una recente analisi effettuata proprio dall’Assessorato al Lavoro Formazione Professionale ed Istruzione della Provincia di Varese, per i corsi conclusosi nel 2002 e a 12 mesi dal termine dei corsi, è stato valutato che tale periodo risulta essere inferiore ai tre mesi.
Se mi permettete vorrei concludere con un auspicio che… i tagli economici operati alla formazione professionale non vadano ancora una volta e sempre di più, a discapito della qualità dell’offerta formativa in quanto il ruolo dei Centri di formazione professionale è e resta insostituibile.
Personalmente sono 15 anni che mi occupo di formare i giovani futuri panificatori e posso dire e sottolineare ancora una volta che non ci si improvvisa formatori ma lo si diventa solo con lo studio, con corsi specifici, con il tempo e con un pochino di predisposizione personale. La responsabilità di quello che si sta facendo, il senso del dovere e la professionalità devono essere insegnate insieme alla tecnica; le Agenzie Formative lo devono pretendere da chiunque, docenti e ragazzi, perché è il mondo del lavoro che lo esige. Solo così si potrà dire di …aver fatto formazione e di aver contribuito a formare i panificatori del domani! Grazie

lunedì, ottobre 23, 2006

I segreti di un'arte. Prefazione di Edvino Jerian


Prefazione di Edvino Jerian


E’ con particolare soddisfazione che l’Editrice per l’Arte Bianca pubblica questo lavoro di Simona Lauri, dedicato interamente al nostro lavoro di panificatori.
La lunga e importante collaborazione della Dottoressa Lauri con il Gruppo Nazionale Giovani della Federazione Italiana Panificatori ed, in particolare, la sua assidua presenza sulla pagine de “L’Arte Bianca” in qualità di tecnologo alimentare da sempre partecipe alla vicende ed agli sviluppi della panificazione artigianale, non poteva trovare migliore completamento di un libro che a quest’arte antica eppur sempre nuova e quotidianamente rinnovata, è pienamente e totalmente dedicato.
Un volume particolare perché destinato soprattutto all’uso quotidiano la cui caratteristica principale è il rigore scientifico sempre e comunque espresso in forma piana e totalmente fruibile dal panificatore nel corso del suo lavoro.
Il libro non si propone come un ricettario quanto piuttosto come una guida ragionata ed attenta a tutti gli elementi – anche quelli minori ed a volte per questo sottovalutati – che riguardano e condizionano la panificazione. Esso pertanto non si limita ad indicare le modalità tecnologicamente più corrette per giungere ad un buon risultato ma fornisce le basi di conoscenza indispensabili per interpretare correttamente ciò che avviene momento per momento nel processo produttivo, consentendo così di analizzare in modo soggettivo e con spirito critico il risultato del proprio lavoro, individuandone i possibili miglioramenti, comprendendo gli eventuali errori spesso inevitabili in una attività apparentemente così semplice ma, in realtà, altamente complessa.
Mi sia consentito dunque esprimere un sentito ringraziamento a Simona Lauri per questo lavoro che l’Editrice per l’Arte Bianca è lieta di dare oggi alle stampe: con l’auspicio che il libro rappresenti un aiuto ed un riferimento concreto per i panificatori italiani, consentendo loro di esprimere con sempre migliori risultati quell’amore e quella passione che hanno fatto dell’Arte Bianca non solo un mestiere ma soprattutto una scelta di vita.

martedì, ottobre 03, 2006

libro: I segreti di un'arte, Arte Bianca, Roma,2006


Roma 11 giugno 2006, Intervento di presentazione del libro in Assemblea Nazionale FIPPA.


I segreti di un’arte rappresenta solamente il titolo di un libro? Per i profani o per Chi si avvicina al nostro meraviglioso mondo può apparire a prima vista solo questo. In realtà racchiude un concetto che per anni ha rappresentato proprio il mondo dell’Arte Bianca. Fino ad una ventina di anni fa l’arte della panificazione era solo un segreto da custodire gelosamente e tramandare da padre in figlio e nessun collega, amico o conoscente, estraneo al ristretto nucleo familiare, doveva essere a conoscenza delle tecniche utilizzate ne tanto meno delle problematiche e/o difetti del prodotto che qualche volta insorgevano.
Attualmente la situazione è cambiata!
In ogni caso, l’Arte Bianca deve essere recepita come confronto, dialogo, aggiornamento: il pane non deve essere più inteso come sinonimo di segreto ma solo ed esclusivamente di professionalità, di competenze tecniche specifiche altamente qualificate, di qualità e tanta tanta passione.
L’idea di questo testo me la diede involontariamente proprio il Presidente Jerian nel 2002 mentre si stava parlando di ben altra questione. Quella che era, fino ad un anno prima, una semplice piccola bozza di idea divenne sempre più un qualcosa di concreto nel 2003 vedendo ogni giorno lavorare i ragazzi nei Centri di Formazione Professionale. Non bastava più la parte teorica divisa dalla pratica ma doveva essere necessariamente un corpo unico in cui non si potesse più distinguere dove finiva la teoria ed iniziava la pratica e viceversa. In quegli anni, noi docenti di formazione professionale pratica stavamo subendo per primi quelli che erano i “primi venti” di cambiamento; qualcosa stava appunto cambiando e si stava dando l’avvio ad una vera e propria modifica nel modo di fare formazione sfociata poi nella Legge n. 53 del marzo del 2003 conosciuta più comunemente come Riforma Moratti. Secondo tale riforma, il secondo ciclo di istruzione, cioè quello costituito dal sistema dei licei e da quello dell’istruzione e della formazione professionale, è finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire. In poche parole, da quel momento in poi, ai ragazzi si doveva insegnare a “saper fare” cioè si doveva insegnare la teoria nello stesso momento in cui si insegnava la pratica. Gli errori che venivano commessi dovevano dare lo spunto immediato per permettere di capire in quel preciso istante cosa potesse essere accaduto e così per tutte le fasi della lavorazione.
L’idea di Jerian divenne sempre più una esigenza per i ragazzi che involontariamente la svilupparono. A me il compito quindi di fare tutte le 350 fotografie che trovate nel testo, di creare tabelle, grafici e di tentare di mettere nero su bianco e con dovizia di particolari, proprio gli innumerevoli perché. Viene affrontata la panificazione sia da un punto di vista tecnologico ma soprattutto e principalmente microbiologico. E’ molto difficile che nei centri di formazione professionale si insegni la microbiologia ma nel nostro mestiere questa è parte essenziale di tutto il sistema produttivo: possiamo essere degli eccellenti panificatori ma senza i lieviti ed i batteri è comunque quasi impossibile panificare. Dobbiamo conoscere nei dettagli il loro metabolismo, i fattori che influenzano la loro crescita ed il loro sviluppo per poterli mettere sempre nelle condizioni ottimali per operare al meglio i loro processi metabolici. Attualmente non è cambiata solo l’istruzione professionale ma il ruolo del panificatore; non è più un semplice attore ma diventa il regista che in base alle sue conoscenze tecniche fa muovere i suoi personaggi (lieviti e batteri) ottimizza le fasi del processo produttivo, esercita una azione di marketing e possiede tutte quelle competenze tecniche di gestione aziendale, informatica, management e quant’altro le possa servire per mantenere sempre ai massimi livelli la sua professionalità, la qualità del suo prodotto e della sua azienda.
Il testo è stato quindi un lavoro lungo e faticoso durato circa 3 anni nei quali non vi nascondo non sono mancati i momenti di grande sconforto e non solo. Se sono qui oggi a presentarlo lo devo a molte persone alle quali va il mio profondo grazie perchè per me non sono dei semplici colleghi ma dei veri e sinceri amici fraterni. Incomincio dal presidente Jerian e da Luca Vecchiato che hanno creduto in me fin dall’inizio, mi hanno incoraggiato e mi hanno offerto questa grandissima opportunità, a Fabio Bertoni senza il quale non sarei qui ma soprattutto non farei parte del Gruppo ed al quale mi lega una profonda amicizia, a mio marito, ai miei figli e a tutta la mia famiglia che hanno avuto la pazienza di sopportarmi ed ai quali ho strappato del tempo prezioso, a mio “fratello” che mi ha permesso di realizzare nel suo panificio quello che non ho potuto fare a scuola, a tutti i panificatori, ai miei ragazzi di scuola ed ai ragazzi del nostro Gruppo Giovani ma soprattutto ad una persona veramente speciale che è stato mio nonno.
Il libro lo dedico ai miei figli che possano avere dalla vita le stesse soddisfazioni che ho avuto io. Grazie ancora a tutti, siete Voi solo Voi i veri autori dell’opera.
Io mi limito solo a dire: “ Il pane è vita… la nostra vita!”

Ciao Giacomo


Quella foto del corso di aggiornamento professionale del 1996 appesa ormai da alcuni anni nel mio studio è sempre stata per me qualcosa di speciale.
La tua semplicità, bontà, umanità, altruismo e passione per il tuo lavoro, ti hanno sempre reso un grande maestro di vita dal quale tratte in ogni istante insegnamenti preziosi. Gli anni passavano ma tu eri sempre presente a tutti i corsi di aggiornamento, ad ogni riunione, ad ogni festa del pane e con la tua forza trascinavi il nostro gruppo. Ad ogni corso, ma proprio a tutti, all’inizio c’era ormai la stessa domanda, quasi un rito:
“Ci siamo tutti? Possiamo iniziare?” e qualcuno sempre “No, aspetti manca Giombelli!”. Ed eccoti arrivare, estate ed inverno sempre in camicia e pantaloncini corti!
“Sono qui, ci sono anch’io!”
Non si poteva iniziare senza di te perché…perché eri tu!
Mi “bacchettavi” sempre ma per me sei stato un grande maestro sia professionale che di vita; un riferimento importante ed un esempio umano da imitare. Grazie amico mio.
Da te ho imparato molto e ti devo professionalmente tanto; ad ogni mio dubbio c’era …Giombelli!
Il lavoro mi ha portato un po’ lontano e per alcuni anni ci siamo persi di vista. Ti ho rivisto a gennaio di quest’anno quando la malattia aveva ormai logorato inesorabilmente il tuo fisico ma non la tua voglia di lottare per la vita e la tua infinita passione per il pane. Mi sono avvicinata e ti ho abbracciato ed una lacrima ha solcato i miei ed i tuoi occhi ma anche in quella occasione sei stato un maestro di vita e mi hai detto con un filo di voce:
“Siediti, ti devo parlare. Ti leggo tutte le settimane e …sì… vanno bene le tue risposte! Una volta però non hai dato la risposta giusta e …ti voglio tirare le orecchie! Ora, non riesco a ricordare… ma ho conservato quell’Arte Bianca…Vieni a trovarmi così ti faccio vedere anche il mio nuovo forno!”
Ciao Giacomo, mio grande amico, maestro e collega insostituibile.
Ciao grande uomo!
Per me sarai sempre seduto al tuo solito posto in prima fila e se, a qualche corso mi sentirò tirare la giacca e mi vedranno parlare da sola beh…sappiano che… sto parlando con te!
Mi mancherai immensamente. Un abbraccio

Parliamo di ...



Da grande farò… il panificatore!
di Simona Lauri - Gruppo Giovani FIPPA -


Provate a fare ai ragazzi questa domanda:
”Cosa farai da grande?” e sicuramente vi stupirete della varietà delle loro risposte. Per un attimo entrate nel loro meraviglioso mondo fantastico in cui già si vedono proiettati nel futuro come: ingegneri, dottori, ballerine, astronauti e soltanto poche bambine diranno farò la parrucchiera… ma quello che meraviglia e stupisce non è tanto la varietà delle risposte ma il fatto che nessuno di loro vi dirà: da grande farò …il panificatore!
Perché accade tutto questo? Perché i bambini non citano più questi mestieri? Queste sono domande importanti che richiedono alcune riflessioni e risposte. A mio avviso, da anni è scomparsa proprio la cultura dei lavori manuali, come appunto il panificatore, il carpentiere, il maniscalco, il ferraiolo, lo spazzacamino, il falegname ecc. e questo per scarsa o non corretta informazione. I giovani di oggi non sanno che cosa faccia veramente in pratica o di che cosa si occupi in realtà il maniscalco né tanto meno quale sia il vero lavoro del panificatore per cui, non conoscendo certe realtà lavorative, non potranno mai appassionarsi ad esse. A parere mio, nel nostro specifico settore, questo può anche essere dovuto ad una mancanza di cultura da parte del consumatore per quanto riguarda il prodotto pane a tal punto da ritenerlo non più rispettoso della nostra cultura e delle tradizioni locali e nazionali. E’ chiaro che, in questa situazione, una non corretta informazione televisiva ha trovato terreno molto fertile nel far credere che il pane abbia un elevato potere calorico e che sia nutrizionalmente più corretta l’assunzione giornaliera di prodotti fortemente pubblicizzati alla televisione rispetto ad una semplice fetta di pane. Questi concetti non possono essere accettati da Chi ha fatto della sua professione una ragione di vita e si alza tutte le notti a preparare il pane facendolo trovare caldo e fresco ogni giorno ai consumatori. Come è stato sottolineato in un recente forum a Bologna, organizzato dal Gruppo Giovani e dalla FIPPA, la qualità intesa come professionalità, aggiornamento, formazione ma soprattutto la corretta e leale informazione ai consumatori è la vera arma del panificatore per garantire quotidianamente bontà, fragranza, bellezza e conservazione del prodotto finito. Ecco quindi come ancora una volta, la formazione, intesa sia come aggiornamento degli operatori del settore sia come formazione delle giovani leve rivesta un ruolo estremamente importante ed insostituibile nell’ istruire i giovani e dar loro quel bagaglio culturale che non sarebbe possibile acquisire in altro modo. La scuola rappresenta una momento estremamente importante e basilare nella formazione di chiunque ma lo è ancora di più per i ragazzi che scelgono un lavoro manuale come il nostro, a tal punto che nel comma c dell’art. 2 della recente Legge 28 marzo 2003 n. 53, a proposito del nuovo e recente Sistema Educativo di Istruzione e Formazione, si sottolinea come sia “ …assicurato a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età; l'attuazione di tale diritto si realizza nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale…”
Nella formazione professionale, le conoscenze di microbiologia, merceologia, lingua straniera, tecnica professionale, chimica non sono e non restano fine a se stesse ma vengono messe in pratica quotidianamente nelle ore di laboratorio cioè in quel momento in cui al ragazzo si insegna a “muovere le mani” quindi a “saper fare”. Il ruolo dei Centri di Formazione Professionale è proprio questo: insegnare ai ragazzi una professione e dar loro quell’istruzione tecnica specifica adeguata e necessaria, ma soprattutto… andare orgogliosi di questo! Per anni però questi Centri sono stati considerati, quasi da tutti, come delle scuole di serie B sminuendo e qualche volta avvilendo tutto il personale che lavora all’interno dei CPF e che crede seriamente nel Sistema di Istruzione e di Formazione Professionale.
La mancanza per anni di una non conoscenza diretta del mondo del lavoro legato alla professione di panificatore - pasticcere, aiuto – cuoco , operatore sala – bar, per restare solamente nel settore alimentare, ha diffuso una grande disinformazione per quanto riguarda le scelte professionali a tal punto che per alcuni ragazzi la scelta era dettata da motivazioni futili e non da una seria convinzione. Oltre a questo, si verificava anche l’ipotesi che la scelta non fosse personalmente voluta ma obbligata da una serie di circostanze personali legate ad esperienze scolastiche già vissute negativamente. Per anni quindi i Centri di Formazione Professionali sono stati visti dai genitori e dai docenti delle scuole medie inferiori come la scuola del “ripiego” di certe situazioni, per cui scegliere di fare il panificatore, il florovivaista, l’acconciatore, il falegname, il muratore era più o meno la stessa cosa. I ragazzi dovevano solo frequentare perché non veniva data loro alcuna altra possibilità dopo l’ennesima bocciatura alle scuole superiori ed il diploma di una Scuola media inferiore iniziava già a non bastare. La maggior parte di loro veniva licenziata dalla Scuola media inferiore con la fatidica frase: ” Si consiglia un breve corso di formazione professionale” ed è chiaro che alla luce di queste parole anche il più volenteroso si convinceva che non poteva fare altrimenti perchè aveva, per così dire…la strada sbarrata e l’utenza delle scuole professionali si riduceva a dei ragazzi che presentavano oltre che problemi scolastici anche problemi sociali e comportamentali.
Attualmente grazie alla Legge 28 marzo 2003 n. 53 conosciuta più comunemente come Riforma Moratti ed all’interno del nuovo Sistema educativo dell’istruzione e della formazione e dei nuovi ordinamenti scolastici, la figura dei Centri di Formazione Professionale è stata notevolmente riqualificata sia come valorizzazione dell’offerta formativa sia come durata in termini di anni. A tal punto che il comma h ed il comma i dell’Art. 2 della sopraccitata Legge sottolineano proprio queste innovazioni all’interno del recente Ordinamento Scolastico e testualmente recitano: “ …i percorsi del sistema dell'istruzione e della formazione professionale realizzano profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera c); le modalità di accertamento di tale rispondenza, anche ai fini della spendibilità dei predetti titoli e qualifiche nell'Unione europea, sono definite con il regolamento di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c); i titoli e le qualifiche costituiscono condizione per l'accesso all'istruzione e formazione tecnica superiore, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144; i titoli e le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema dell'istruzione e della formazione professionale di durata almeno quadriennale consentono di sostenere l'esame di Stato, utile anche ai fini degli accessi all'università e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica, previa frequenza di apposito corso annuale, realizzato d'intesa con le università e con l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, e ferma restando la possibilità di sostenere, come privatista, l'esame di Stato anche senza tale frequenza; i) è assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all'interno del sistema dei licei, nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell'istruzione e della formazione professionale, e viceversa, mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate all'acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta…”
Ulteriore innovazione è stata anche quella che riguarda l’alternanza scuola - lavoro introducendo importanti novità in proposito, come riportato proprio nel punto a comma 1 dell’art. 4. “ svolgere l'intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la
responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro…”
In conclusione posso dire che non è facile parlare di formazione perché non è facile…fare formazione soprattutto quando si parla di formazione professionale specifica. Personalmente penso che sia una delle cose più difficili in assoluto. Ad un docente pratico di laboratorio non basta saper fare il mestiere che è chiamato ad insegnare, ma deve essere prima di tutto un formatore cioè deve aver seguito dei corsi specifici in proposito. Fare formazione vuol dire prima di tutto essere aggiornati, comunicativi, saper trasmettere quello che hai dentro di te in termini di competenza e conoscenze tecniche specifiche, ma soprattutto di saperlo fare in una forma e modo che possano essere compresi proprio da ragazzi di 14 - 15 anni. Non ci si improvvisa formatori ma lo si diventa con il tempo, con lo studio e con un pochino di predisposizione personale e tanta tanta pazienza. Dopo 15 anni in cui mi occupo di formazione, posso tentare di fare un primo bilancio di quella che è e che è stata la mia positiva carriera di panificatore-formatore e sottolineare un aspetto che ritengo essere il n. 1 nella scala dei valori di un formatore: l’ Amore per i ragazzi e per il pane, l’infinita Passione per il mio lavoro e la personale ricerca, costante e quasi maniacale, della Perfezione di un prodotto nato da un errore.
Formazione è anche questo: permettere ai ragazzi di sbagliare per potere capire ed imparare proprio dagli errori.

Pubblicato su “IL PANIFICATORE VARESINO” periodico dell’Ass.Pan. di Varese n. 4/5 del 2006