venerdì, novembre 28, 2014

Varietà antiche: la riscoperta dei frumenti autoctoni

Premessa
Negli ultimi cinque/sei anni si è assistito ad una sempre maggiore richiesta, da parte dei consumatori, di grani antichi autoctoni biologici italiani; domanda che è diventata quasi un vero boom commerciale. I piccoli molini locali possono finalmente veder riconosciuti gli sforzi di anni, in cui la propria produzione non poteva sostenere il mercato.
In realtà, la nuova tendenza non coglie impreparato il settore dell'agricoltura italiano; in quanto queste varietà sono sempre state coltivate, ma nel passato la loro produzione era notevolmente limitata a causa della scarsa resa produttiva, della tendenza al fenomeno dell'allettamento, nonché delle proprietà reologiche che non permettevano elevate performance in termini di panificabilità e pastificazione. Molini che coltivavano il proprio frumento, nei propri campi, seguendo la filiera del biologico e del biodinamico e che macinavano a pietra, hanno avuto per anni vita molto dura, vedendosi letteralmente schiacciati dalle Aziende leader di Mercato che, importando massicciamente dall'estero e additivando volontariamente i frumenti, potevano permettersi di commercializzare le farine ad un prezzo di circa 3-4 volte inferiore.... Continua sul portale TAFF a questo link http://www.taff.biz/articoli/varieta-antiche-la-riscoperta-dei-frumenti-autoctoni
Pane Nero d'Abano. Triticum durum var. Timinia - S.Lauri -

mercoledì, novembre 26, 2014

Lievito madre: innovazione o tradizione millenaria?



In questi ultimi mesi, non si parla d’altro che di madre o lievito di pasta acida naturale facendolo passare per la scoperta del secolo (convegni, corsi, articoli su testate, su web, simposi, polemiche ecc.) e, a mio avviso, con tutta onestà scientifica e microbiologica con svariate per non dire impressionanti imprecisioni sia tecniche sia microbiologiche. Giusto per riassumerne alcune: “La madre non contiene Saccharomyces cerevisiae e se, anche ci fosse, sarebbero ceppi di blastomiceti differenti dalla cultura pura di S. cerevisiae fresco” (impossibile microbiologicamente perché essendo ascospore provenienti per riproduzione sessuata dalla cellula madre, andando a contaminare la madre sotto quella forma, mantengono inalterato il genoma e tutte le caratteristiche strutturali, fisiologiche metaboliche della cellula madre!), “Il lievito di pasta è naturale mentre il S. cerevisiae, non lo è”, “La lavorazione con la madre è una metodica diretta” è giusto l’ultima … “Il lievito madre è la nostra frontiera”. Su quest’ultimo punto permettetemi di dissentire leggermente perché, ancora una volta, ritengo che non si sia scoperta l’acqua calda in quanto il lievito madre fa parte delle nostre tradizioni da secoli e secoli sia nel campo della panificazione sia nel settore pizzeria. Non è un’innovazione né tanto meno una frontiera senza il quale, per alcuni, sembra non si possa più lavorare. In un testo di Umberto Verona dei primi del ‘900 già si leggeva “Il fermento naturale o di trapianto è formato da pasta inacidita, che dopo lunga e faticosa preparazione è introdotto nella massa della pasta fresca: questo fermento come ci viene dato dalla natura è allo stato greggio… Questi fermenti hanno la virtù di conservare la loro proprietà all’indefinito per mezzo del trapianto: questo è quello che chiamasi fermento naturale. Se il testo del Verona può sembrare specifico di panificazione, la storia stessa della pizza ci viene in aiuto. In origine la pizza (prima del 1800), prima che fosse commercializzata nelle pizzerie, era preparata in casa dalle massaie napoletane con della semplice farina impastata e lievitata con il “criscito” (una sorta di “riporto” ottenuto dalla fermentazione di un impasto precedente) per cui anche in questo caso si usava un impasto acidificato. Per molti non è neanche una riscoperta (magari lo è solo per pochi!) perché chi lavora con la madre, continuerà a farlo e chi non la utilizza, può continuare a lavorare senza perché, la caratteristica del nostro mestiere, è proprio quella di poter applicare le lavorazioni che si ritiene più opportune con la libera scelta delle proprie convinzioni, conoscenze ed esperienza, senza sentirsi degli incapaci. (per esempio ci sono dei pani che con il lievito madre non possono essere realizzati!) E’ chiaro quindi che la lavorazione con la madre sia storia accertata da millenni e millenni e tutti ne conoscevano i pregi (etruschi compresi!). Quindi, ritengo che non si debba passare per innovazione ciò che è semplicemente storia e tradizione. E’ vero, oggi, ci sono molti più studi a livello universitario di due/tre secoli fa, si è arrivati allo studio del genoma di ogni microrganismo, all’estrazione degli enzimi, allo studio dei pre e probiotici,  nutraceutici ecc.  e chissà quale futuro ci riserva la microbiologia e la biochimica in questo settore, permettendo agli artigiani di lavorare con molte più informazioni scientifiche specifiche sulle madri (identificazione microbica, differenze microbiologiche e metaboliche nelle gestioni, utilità dei rinfreschi per la coltura e motivazioni biochimiche e fisiche del bagno ecc.). Diciamo che, per un lungo periodo, qualche artigiano poco consapevole, ha considerato questa tecnica di lavoro, solamente una perdita di tempo dimenticandosi troppo spesso e troppo velocemente degli insegnamenti dei loro padri per svariati motivi tra i quali: comodità, rapidità e barlume di facili guadagni. E’ chiaro che questo buco generazionale di conoscenze e tecniche inizia a farsi sentire e i pochi hanno la necessità di mettersi al passo con i tempi. Mi sembra però più rispettoso e corretto affermare che la madre potrebbe essere intesa come un’evoluzione di un concetto fortemente tradizionalista nello stesso modo in cui si evolvono, adattandosi alla variazione delle abitudini socio alimentari, molti altri aspetti legati alle nostre tradizioni storiche.  A mio parere, non sembra corretto neanche affermare che senza la madre non si può lavorare, perché se è vero che impartisce sensazioni organolettiche, digeribilità e shelf life impagabili, è anche vero che vi sono altre tecniche che permettono di raggiungere ottimi livelli qualitativi a favore di una più semplice gestione.  Ritengo pertanto  che la madre sia e resti storia e tradizione; al massimo potrà appunto essere intesa come evoluzione della tradizione, ma non certo né innovazione né tanto meno futuro del settore. Ci sarà futuro e innovazione se si rispetterà il passato, il presente e le libere scelte di ciascuno.
 - PIZZA E PASTA anno XXIV, numero 02, 28 - 32, 2013 -

giovedì, novembre 20, 2014

Diretto o indiretto: dogma, principio elementare o interpretazione personale?



Avevo circa ventitré anni quando dovetti affrontare uno degli esami più ostici del mio percorso di studi universitario, quello di Industrie Alimentari 2. Anche in quell’occasione sugli appunti di un allora già abbastanza attempato professore spuntava la definizione e la distinzione operativa tra il metodo diretto e quello indiretto in panificazione. Questo per dire che alcune metodiche di lavoro si definiscono indirette/dirette da sempre, riconosciute a livello universitario mondiale su tutti i testi di panificazione in commercio (americani, francesi, tedeschi, italiani) e rappresentano verità indiscutibili e incontestabili sia per i panificatori sia per i pizzaioli. Rappresentano i cosiddetti dogmi, capisaldi o elementi basilari sui quali da anni si è costruita la tecnologia di panificazione e sui quali si possono magari fare brutte figure o addirittura essere “mandati a casa” durante un esame universitario se non si sono ben compresi o ancora peggio, se si hanno le idee per cosi dire… un pochino “confuse”. Proprio perché le definizioni sono molto chiare, non lasciano spazio né a interpretazioni personali o soggettive né tanto meno si prestano ad affermazione del tipo: “… ma secondo me… la lavorazione potrebbe essere indiretta… ” Ribadisco che, come tutte le definizioni in campo scientifico, non sono a libera opinione o interpretazione personale, ma vanno prese per quello che appaiono perché rappresentano una certezza assoluta universalmente riconosciuta. Rientra quindi in queste certezze assolute la definizione esatta di metodo indiretto e diretto discontinuo, ossia la spiegazione tecnico - scientifica del metodo di lavoro adottato. Si definisce pertanto metodo diretto di lavoro, il metodo a una sola fase in cui cioè si uniscono gli ingredienti in qualsiasi quantità essi siano rappresentati (farina, acqua, sale, olio, malto, lievito compresso ecc.) e si procede con l’impastamento. La metodica di lavoro diretto è forse la lavorazione più “veloce” in termini di tempo perché non prevede l’utilizzo d’impasti prodotti in precedenza (lievito di pasta acida o madre, biga, poolish, pasta di riporto) o che abbiano subìto un periodo di riposo, atti a renderli idonei per la seconda fase. La metodica diretta è quindi a un’unica fase in cui tutti gli ingredienti sono miscelati insieme per poi procedere in seguito con l’impastamento. Conseguito l’impasto, in base al prodotto che si deciderà di ottenere, si procederà con le fasi successive. Qualsiasi esse siano, da questo momento in poi, rientrano comunque nella metodologia diretta se la lavorazione è appunto a una sola fase. E’ chiaro che, variando le fasi (tempi, temperature, presenza/assenza di uno step produttivo ecc.) si procederà con suddivisioni di nomenclatura dello stesso diretto. Se un impasto per pizza/pane ecc., dopo la fase d’impastamento, subisce uno stoccaggio o maturazione in frigorifero a +4°C per 12 – 24 – 48 – 3gg -4 gg sarà sempre diretto, ma rientrerà nella classificazione dei diretti più o meno lunghi in funzione dei tempi di maturazione/stoccaggio. Un impasto per pane soffiato senza biga, ma con 0.8% di lievito compresso rientrerà nella lavorazione diretta lunga poiché subisce un riposo che può arrivare fino a 24 ore a +18°C. Non è quindi, il passaggio o meno in frigorifero di un impasto che identifica il metodo di lavoro, oppure la percentuale di utilizzo del lievito compresso, o il fatto di decidere di fermare l’impastatrice durante l’impastamento, la presenza o meno di una fase di lavoro dopo l’impastamento, ecc., come appunto, ancora qualcuno pensa: “Se lo metto in frigorifero a maturare è indiretto se invece la maturazione la conduco a temperatura ambiente è diretto…” o ancora “ se fermo la macchina 5 min è indiretto in caso contrario è diretto” oppure “…se lavoro con lo 0.1% di lievito compresso è indiretto invece con lo 0.5% è diretto” ecc., perché sono fasi successive all’impastamento e la metodica non dipende neanche dalla percentuale degli ingredienti utilizzati. In questo caso, ripeto, qualsiasi conduzione di lavoro si decida di operare dopo l’impastamento degli ingredienti, la metodica di lavoro ricade sempre ed esclusivamente in quella diretta. Il metodo indiretto invece è universalmente conosciuto come metodo a due fasi in cui la prima si riferisce proprio alla sequenza operativa legata alla preparazione della biga, lievito madre o di pasta acida naturale (preparazione, rinfreschi e quant’altro!), poolish, pasta di riporto, mentre la seconda riguarda l’utilizzo di queste masse, in percentuale variabile, nell’impasto finale. La prima fase è quindi quella in cui si uniscono gli ingredienti e si preparano: biga, poolish, madre, pasta di riporto e si conclude con la realizzazione di essi; la seconda invece, inizia quando si prendono le masse in fermentazione preparate nella prima fase e si aggiungono i restanti ingredienti previsti dalla ricetta. In gergo operativo si dice anche: “Ho operato un rinfresco con il doppio/triplo/metà della farina, ecc.” Anche in questo caso, non sono le fasi successive all’impastamento che determinano la differenza tra diretto/indiretto, ma il fatto che si utilizzi un “impasto” come la madre, biga, poolish, pasta di riporto preparato in precedenza. Detto ciò, non è un’opinione personale dire che l’impasto con la madre è una lavorazione indiretta, ma propriamente una certezza riconosciuta da sempre e da chiunque operi in questo settore. Automaticamente vengono meno, perché invalidate scientificamente da testi universitari e pubblicazioni decennali in proposito, le affermazioni estremamente erronee. “Secondo me… la lavorazione con la madre è una lavorazione diretta!” oppure ancora peggio “La lavorazione con la madre è diretta perché ho stabilito così e voglio fare, d’ora in avanti, innovazione!” oppure “Questo vale solo per il pane e non per la pizza!”  E’ vero, il settore è ricettivo a innumerevoli innovazioni tecniche (pre-gelatinizzazione dell’amido, impego di probiotici, claims salutistici, functional food, azione mirata di alcune proteasi ecc.) salutistiche, nutrizionali, gusti e consumi, farine utilizzate, abitudini e tradizioni, ricerca di nuove farciture, ecc. (Guai se così non fosse, perché vorrebbe dire che non c’è più futuro!), ma qualsiasi innovazione si voglia apportare, queste distinzioni tecniche assolute, basilari e precise tra le due metodiche restano e resteranno i principi fondamentali, elementari e incontestabili della tecnologia dei processi produttivi in panificazione/pizzeria/pasticceria ecc. Ognuno è libero di pensare come meglio crede, ma attualmente e fino a prova contraria la panificazione è ancora scienza… non fantascienza!

venerdì, ottobre 31, 2014

La funzione degli additivi nelle farine.

Premessa
Qualche mese fa, una nota azienda alimentare commercializzò una farina riportante sulla confezione la dicitura "senza additivi". Questo fatto suscitò immediatamente molte polemiche (false o presunte, non entro nel merito) ed indignazione da parte degli Operatori del Settore.
E' chiaro che il più indignato in assoluto è stato l'inerme consumatore, che si è visto crollare addosso l'ultimo baluardo di sana alimentazione: la farina può non essere solo tale e contenere additivi volontari.

L'incipit "senza additivi" ha svelato finalmente a tutti che le farine non sono tutte uguali (non mi riferisco naturalmente alla sola classificazione botanica, merceologica e reologica), ma soprattutto non è purtroppo vero che tutte le farine in commercio siano prive di additivi volontari.

Quando parlo di "farine", faccio riferimento agli sfarinati la cui denominazione di vendita è riportata nel Decreto del Presidente della Repubblica n°187/2001 e non all'immenso mondo dei mix, semilavorati, preparati, miglioratori, miscele già pronte all'uso per pane bianco, ai cinque cereali, nero, pizza soffice, croccante, dolci, ecc. che molte aziende commercializzano e che nulla hanno a che vedere con la parola "farina". Continua sul portale TAFF a questo link http://www.taff.biz/articoli/la-funzione-degli-additivi-nelle-farine

venerdì, ottobre 10, 2014

Report Pizza e Pizzaioli: non bruciamo la professionalita.

Premessa

In questi giorni l'argomento su tutte le testate nazionali sembra essere proprio la pizza. Se da una parte fa piacere che se ne parli, perchè rappresenta il nostro lavoro, vita, passione e simbolo di italianità; dall'altra forse si utilizza troppo spesso (insieme al pane) come strumento fazioso, tendenzioso, politico, d'interesse personale o di partito, atto a screditare e diffamare la categoria oltre a scatenare polemiche fini a sè stesse, che la maggior parte delle volte rasentano l'assurdo.E' chiaro che la trasmissione Report, andata in onda Domenica 5 Ottobre 2014 su RAI 3, abbia suscitato non poche polemiche, ma questo era l'intento. Lunedì mattina è incominciato l'attacco alla conduttrice ed alla trasmissione più in generale da parte di quasi tutte le testate giornalistiche, reti televisive comprese.Accuse di strumentalizzazione politica, attacco ingiustificato alla pizza, sfacciata pubblicità ad una nota marca di forni, demonizzazione dei forni a legna in favore di quelli elettrici, accanimento verso tutta una categoria, screditamento delle sole pizzerie di Napoli e non di quelle del Nord, etc. sono stati soltanto alcuni degli ingiustificati polveroni sollevati e dei fuochi accesi (giusto per restare in tema), a mio parere per nulla.Personalmente, da addetta del settore, vorrei limitarmi ad analizzare la puntata esclusivamente da un punto di vista di verità scientifiche, lasciando il resto (le polemiche e quant'altro) ad altri e ad altre sedi; poichè quest'aspetto - con tutto il rispetto - non m'interessa assolutamente.Ritengo che la trasmissione abbia messo in luce molte verità e ciò che è stato evidenziato non è colpa dei forni a legna, ma di qualche Operatore per nulla professionale. E' stato finalmente mostrato come in una città, che dovrebbe rappresentare il nostro fiore all'occhiello nel Mondo e per giunta in alcune delle più note pizzerie, non ci sia un minimo di cultura, nè tantomeno di professionalità e chi dovrebbe in teoria controllare... Beh, diciamo che "pensa alla salute"... la propria; non entrando e non mangiando in quelle pizzerie.... Continua sul portale TAFF a questo link http://www.taff.biz/articoli/report-la-pizza-e-i-pizzaioli.

venerdì, settembre 19, 2014

L'importanza della maturazione naturale delle farine. Parte Seconda

Premessa
Uno sfarinato appena macinato presenta una struttura reologica di eccessiva debolezza abbinato a scarsa attività enzimatica, scarso assorbimento di acqua e a un colore più scuro. In caso d'immediata panificabilità, i problemi tecnologici rilevati si riassumerebbero in: impasti eccessivamente deboli e appiccicosi, ridotta stabilità, scarso assorbimento di acqua, diminuzione dei tempi d'impastamento, mancanza di struttura, difficoltà di colorazione del prodotto, mancanza di volume, valori di R/E e P/L molto bassi, ridotti tempi di lavorazione, impossibilità di sopportare lunghe fermentazioni in biga e impossibilità di utilizzo in lavorazioni indirette.
La maturazione naturale della farina è un processo tecnologico che ha i secoli di storia del grano stesso e sarebbe opportuno insegnarlo un po' più spesso, a qualche tecnico di laboratorio di aziende molitorie, a molti rappresentanti, agli operatori del settore dell'Arte Bianca e ricordarlo a chi pensa sia solo un optional antieconomico....
Continua sul portale TAFF a questo link http://www.taff.biz/articoli/l-importanza-della-maturazione-naturale-della-farina-ii-parte

mercoledì, agosto 27, 2014

L'importanza della maturazione naturale delle farine. Parte Prima

Premessa
Per il lavoro che svolgo, mi confronto molto spesso con rappresentanti, tecnici di laboratorio, tecnologi alimentari, operatori commerciali di moltissimi molini ed alcuni di essi (per fortuna pochi!) si stupiscono quando parlo di maturazione naturale della farina. Ciò induce in me non poche perplessità (in tutti i sensi), ricordandomi immediatamente che purtroppo viviamo nell'era dell'artefatto (aromi di sintesi, additivi, ecc.) e questo contribuisce enormemente a rovinare l'immagine delle aziende e del Settore Molitorio più in generale.
Per qualcuno, la maturazione naturale della farina rappresenta un costo nonché un "optional" del quale si può tranquillamente fare a meno, poiché sopperito dall'aggiunta (volontaria) di additivi e/o enzimi, alcuni dei quali fatti passare per coadiuvanti tecnologici e pertanto non dichiarati in etichetta.

Per coloro che invece lavorano con passione e serietà da generazioni, che curano il dettaglio, portando rispetto per il prossimo - soprattutto per il grano - e che amano il proprio mestiere, è scontato che per fare qualità con le farine occorra partire: in primis dalla certezza della provenienza e dalle caratteristiche intrinseche ed estrinseche (agronomica, chimica, fisica, botanica, entomologica, reologica, enzimatica, fertilizzazione del terreno, patologie delle piante, ecc.) dei grani, macinati in purezza o in opportuna miscela tra loro e in secundis proprio dalla maturazione naturale che viene perpetrata da secoli. Continua su portale TAFF a questo link http://www.taff.biz/articoli/l-importanza-della-maturazione-naturale-della-farina

mercoledì, agosto 06, 2014

Fonte di fibre: claim o semplice trovata pubblicitaria?

Premessa

Come ho affermato in più di un'occasione, il costante interesse - sia da parte dei consumatori sia dei produttori - nei confronti degli alimenti salutistici/nutrizionali ha portato alla consapevolezza che più i cibi sono "raffinati", più s'impoveriscono da un punto di vista nutrizionale. Negli ultimi quattro anni si è pertanto assistito ad un incremento produttivo, da parte dei mugnai, di farine sempre meno raffinate; prediligendo la Tipo 1 alla 00, oppure farine arricchite in fibre, germe di grano o addirittura alla creazione di nuove linee produttive in cui la farina di frumento tenero è miscelata con altri cereali (avena, orzo, etc.)

Molte linee di prodotti/sfarinati salutistici, arricchiti di sostanze estratte per esempio dalle olive o dalla polpa dell'uva rossa, spingono verso un concetto di farina leggermente differente e non più solo come semplice prodotto proveniente dall'abburattamento del frumento, bensì come functional food (alimento funzionale)....  Continua su Portale TAFF a questo link http://www.taff.biz/articoli/fonte-di-fibre-claim-o-semplice-trovata-pubblicitaria

Lievito Fresco compresso e Madre a confronto.

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un impensabile quanto immaginario boom mediatico, economico, d'immagine della madre o lievito di pasta acida naturale (fig. 1); inteso come simbolo di professionismo assoluto da parte di qualche tecnico/consulente di arte bianca o, ancora peggio, come condicio sine qua non per non essere annoverati nella schiera degli incapaci.

Mi riferisco alle accuse mosse ai tanti e seri professionisti artigiani che usano quotidianamente il lievito fresco compresso e che considerano fare il pane una vera e propria arte; non a coloro i quali ne abusano con percentuali che superano il 5,0% sulla farina, lavorando sempre e solo con il metodo diretto, pensando di ridurre i tempi di lavorazione per guadagnare di più.

Scusate, ma sinceramente sono stanca di leggere continui attacchi ingiustificati al lievito compresso fresco o di birra o industriale o Saccharomyces cerevisiae (fig. 2 e 3) da parte di boriosi personaggi che fino al giorno prima lavoravano solo ed esclusivamente con il S. cerevisiae (lo chiamo con il suo reale nome scientifico) e all'improvviso, per convenienza personale, diventano sostenitori e paladini della madre ritenendola il solo ed unico lievito naturale. Per leggere l'intero articolo - Portale TAFF a questo link  http://www.taff.biz/articoli/lievito-fresco-e-madre-a-confronto

giovedì, maggio 01, 2014

Pane e pizza: due mondi un'unica passione Immagini



Indice - Pane e Pizza: due mondi un'unica passione - Simona Lauri 2012












Autore
: Simona Lauri
Titolo: Pane, pizza: due mondi un'unica passione
Anno 2012
Casa Editrice: FIP nel Mondo
ISBN 9788890708909
Prezzo: 59,00 euro  Spedizione con tracciabilità Inclusa
ordini: marketing@quotidiemagazine.it 


INDICE

Introduzione
Prefazione

Cap. 1 Cenni storici.
1.1   Il pane nella storia.
1.2   Il pane è…
1.3   La pizza nella storia.
1.4   Curiosità
1.5   Proverbi, modi di dire, frasi celebri sul pane.
1.6   Proverbi, modi di dire, frasi celebri sulla pizza.

Cap. 2 Microrganismi e contaminazioni.
2.1 I microrganismi
2.2 Contaminazioni

Cap. 3 Considerazioni nutrizionali.
3.1 Considerazioni generiche
3.2 I betaglucani
3.3 L’inulina.
3.4 I valori nutrizionali della pizza.
3.5 Gli alimenti del futuro o functional foood
3.6 Pane a pasta acida: caratteristiche nutrizionali. A cura della Dott.ssa Manuela Sanna.
Bibliografia

Cap. 4 Innovazione e futuro.
4.1 Analisi di uno studio.
4.1a Scopo del lavoro.
4.1b Materiali e metodi
4.1c Conclusioni

Cap. 5 Caratteristiche botaniche
5.1 Il frumento.
5.2 Il farro
5.3 Grano Khorasan

Cap. 6 La farina
6.1 Caratteristiche tecnologiche
6.2 Proprietà reologiche
6.3 Esempio di calcolo di miscelazione

Cap. 7 L’acqua
7.1 Struttura chimica
7.2 Implicazioni tecnologiche
7.3 Esempi di calcolo
7.4 Proprietà reologiche e funzione dell’acqua in impasti congelati.
7.5 Problematiche relative agli impasti sottoposti a lievitazione controllata.

Cap. 8 Il sale
8.1 Caratteristiche chimiche
8.2 Implicazioni nutrizionali e tecnologiche.
8.3 Anche questo è sale.

Cap. 9 Il lievito: cellula eucariota
Premessa
9.1 Struttura cellulare del S. cerevisiae

Cap.10 I metabolismi del S. cerevisiae
10.1 Attività metabolica.
10.2 Azione tecnologica.

Cap. 11 Le sostanze grasse
11.1 Caratteristiche chimiche.
11.2 Le principali sostanze grasse
11.3 Implicazioni tecnologiche nel settore dell’arte bianca.
11.4 La  frittura.
11.5 Agenti di stacco.

Cap. 12 Le lecitine e gli emulsionanti
12.1 Considerazioni chimiche
12.2 Influenza ed implicazioni tecnologiche degli emulsionanti.

Cap. 13 Gli enzimi
13.1 Considerazioni generiche
13.2 Le amilasi.
13.3 Le lipasi.
13.4 Le proteasi.
13.5 Endoxilanasi.

Cap. 14 Il malto
14.1 Preparazione del malto.
14.2 Caratteristiche chimiche e ruolo negli impasti.

Cap. 15 Metodiche dirette di  produzione
15.1 Caratteristiche generiche
15.2 Metodo diretto corto
15.3 Metodo diretto medio e lungo

Cap. 16 Metodiche indirette di produzione
16.1 Metodo indiretto con biga.
16.2 Esempi di pani realizzati con biga: Pane tipo “ciabatta” e pane soffiato.
16.3 Metodo indiretto con poolish.
16.4 Metodo indiretto con lievito di pasta acida naturale.
16.5 Confronto tra metodiche produttive artigianali.
16.6 Metodo indiretto con lievito di pasta acida naturale liquido (Metodica ALAN)
16.7 Metodo con autolisi.
16.8 Metodo con doppio impasto.

Cap.. 17 I batteri lattici (LAB).
A cura di Dott.ssa Manuela Sanna  - Dottore di Ricerca in biotecnologie microbiche.
17.1 Premessa.
17.2 Gen. Lactobacillus.
17.3 Caratteristiche chimico – fisiche della madre.
17.3a Consistenza o rendimento dell'impasto (DY, Dough Yield).
17.3b pH
17.3d Quoziente di fermentazione (QF).
17.3c Acidità di titolazione (TTA, Total Titrable Acidity).
17.4 Interazioni microbiche nel lievito naturale di pasta acida.
17.5 Contributo dei LAB alle caratteristiche sensoriali.
17.6 Funzioni chemio sensitive del gusto e dell’olfatto.
17.7 Contributo dei LAB alla struttura dell’impasto.
17.8 LAB come organismi che incrementano la qualità nutrizionale.
17.8a Riduzione dei fattori antinutrizionali.
17.8b Sostanze antimicrobiche prodotte dai LAB della madri.
Bibliografia

Cap. 18 Tecniche di gestione della madre
18.1 Funzione del rinfresco di mantenimento quotidiano.
18.2 Gestione della madre legata.
18.3 Gestione della madre in acqua.

Cap. 19  Gusto, semplicità ed innovazione in arte bianca.
Premessa
Focaccia di segale integrale con cipolle di Tropea. Metodo indiretto con poolish e lunga maturazione.
Pane alla farina di avena e soia tostata con crusca di avena e frumento. Metodo indiretto con lievito madre liquido.
Pane alla farina integrale di orzo e amaranto. Metodo indiretto con lievito madre.
Schiacciata alla farina di mais e zafferano. Metodo indiretto con biga al lievito di pasta acida.
Treccia dolce con farina per polenta taragna e macinato intero di grano. Metodo indiretto con biga.
Pane alla farina di quinoa integrale. Metodo indiretto con lievito madre liquido.
Mignon dolci alla farina integrale di amaranto. Metodo indiretto a due impasti con lievito di pasta acida naturale.
Focaccia bianca a metro. Metodo indiretto a lunga maturazione con poolish.
Pizza in teglia dolce e salata con farina di castagne. Metodo indiretto a lunga maturazione con lievito madre.
Cakes mignon alla farina per polenta taragna.
Pizza in teglia dolce e salata con farina di lupini. Metodo indiretto a lunga maturazione con lievito madre.
Focaccia alla farina di enkir. Metodo indiretto a lunga maturazione con lievito madre.
Cestino di pizza. Metodo indiretto a lunga maturazione con poolish.  A cura di Giuseppe D’Angelo
Cono di pizza. Metodo indiretto a lunga maturazione con poolish.  A cura di Giuseppe D’Angelo
Tramezzino. Metodo indiretto a lunga maturazione con poolish.  A cura di Giuseppe D’Angelo
Zuccotto. Metodo indiretto a lunga maturazione con poolish.  A cura di Giuseppe D’Angelo
Spiedino. Metodo indiretto a lunga maturazione con poolish.  A cura di Giuseppe D’Angelo
Super Sic 58. Metodo indiretto a lunga maturazione con poolish.  A cura di Giuseppe D’Angelo

Cap. 20 Flash dal forno. Raccolta di articoli e/o opinioni.
L’antinutriente per eccellenza.
Addensanti e gelificanti
Da quanti anni si parla di additivi? 
Siamo alle solite…. 
La crosta del pane è tossica?
e noi … mangiamo!
Saccarosio o sorbitolo?
Ciò che naturale … non è!
Leggeri, delicati e lievi.
Parliamo semplicemente di …pH.  
Pro o pre
Ops …. ho mangiato un FURANO!
A favore della vita.
Struttura glutinica o …
Intolleranze vere o presunte?    
Lattobacilli e celiachia?    
Hamburger al rosso licoprene.
Metodo Chorleywood: una nuova lavorazione o un metodo di impastamento?
Cibo:  esigenza, nutrizione e …
Freddo: quale effetto sui microrganismi?
La salute è al primo posto?
… Naturale, senza agenti chimici …
Vapore: sì, no e perché?
Perché aggiungono saccarosio?
I do it better!
…sarà lievito naturale?    
Cosa vuol dire …fare qualità. 
Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui… 
(Dante Alighieri Paradiso XVII, 58-60)
Gusto o sapore.
Idrocolloidi e senza glutine.
Additivo, miglioratore o semplice emulsionante.
Vit. C o E 300
Farine: pesticidi, fitofarmaci ed additivi volontari

Cap. 21  domande/risposte
21.1 Acidità e pH
21.2 Biga                                                                                             
21.3 Bolle, crosta e mollica                                                               
21.4 Ciabatte ed impasti molli                                                            
21.5 Impasti vari                                                                                 
21.6 Legislazione                                                                                
21.7 Lievito naturale                                                                            
21.8 Malattia pane filante                                                                   
21.9 Metodi di lavoro                                                                          
21.10 Pane, pizza e cottura forno a legna                                          
21.11 Pane soffiato                                                                                
21.12 Panettoni                                                                                     
21.13  Poolish                                                                                        
21.14 Prodotti sfogliati                                                                          
21.15 Sale                                                                                              
21.16 Tecnica del freddo                                                                      
21.17 Varie                                                                                             

Legislazione
Dizionario termini tecnici
Indice analitico
Bibliografia