La
produzione di prodotti da forno richiede frequentemente l’impiego di quantità
non trascurabili di sostanza grassa. La natura e il contenuto dei lipidi nei
prodotti da forno sono molto variabili in base alla tipologia e formulazione
degli stessi. Fino a qualche anno fa i lipidi più utilizzati nella preparazione
del pane, pizze e prodotti da forno in generale erano: burro, strutto e olio di
oliva. Negli ultimi anni, per problemi legati all’insorgenza di patologie
particolari, si è assistito alla tendenza di sostituire, per alcuni prodotti,
sostanze grasse come lo strutto con l’olio d’oliva rilegando la sostanza grassa
animale sono in alcune specialità tipiche regionali e tradizionali (piada,
erbazzone reggiano, cannoli siciliani, pani di pasta dura dell’Emilia Romagna,
Coppia ferrarese IGP, tigelle modenesi, prodotti napoletani, ecc.). Anche il
burro, nelle preparazioni dolci, dove possibile, è stato sostituto o al massimo
ridotto a favore dell’olio d’oliva ottenendo ottimi risultati. Il contenuto di
lipidi può variare dal 5% al 15% per alcuni prodotti sostitutivi del pane,
quali fette biscottate, cracker, grissini, fino ad arrivare al 20-30% nel caso
di prodotti dolci, quali biscotti e torte. Quelli di cui si fa riferimento,
sono pertanto le sostanze grasse che rientrano nell’impasto come ingredienti, perché
quelli naturalmente presenti nel germe della cariosside sono stati eliminati
per non creare irrancidimenti indesiderati e/o formazioni di perossidi nelle
farine, garantendo così una maggior shelf – life della stessa. Le sostanze
grasse, se presenti in percentuale inferiore al 5.0%, svolgono un ruolo
tecnologico legato alla loro azione lubricante: il glutine sarà caratterizzato
da una maggiore estensibilità prima della rottura promuovendo uno sviluppo in
volume maggiore nel prodotto finito. Sono quindi in grado di interagire con le
gliadine e le glutenine (proteine strutturali della matrice glutinica) aumentandone
la loro capacità di allungamento e consentendo quindi un maggior aumento di
volume dell’impasto, sia nella lievitazione sia durante i primi minuti di
cottura. L’aumento massimo di volume si raggiunge con una percentuale del 5.0 –
6.0% dopodiché si nota un’abbondante diminuzione. Se la
percentuale di utilizzo è elevata, l’impasto diventa short (corto) e perde in
maniera rilevante la sua estensibilità; fenomeno che giustifica la definizione
di shortening per identificare
comunemente questi ingredienti. I lipidi polari come mono e di gliceridi
stabilizzano inoltre le bolle d’aria createsi durante l’impastamento,
assicurando alla mollica un’alveolatura più fine e regolare. L’utilizzo dei lipidi fa sì che la struttura
superficiale dell’impasto sia modificata, ossia che si formi un sottile strato
di sostanza grassa tra i granuli di amido e le proteine che formano il glutine.
Teorie contrastanti hanno cercato di dimostrare la loro funzione; prima
valutando l’ipotesi che fossero organizzati in un doppio strato, chiuso a
“sandwich”, tra le proteine del glutine e in seguito considerandoli come un
ponte tra i vari elementi del glutine stesso. Non ultimo va ricordato che
aumentano la shelf – life o vita di scaffale del prodotto finale perché
rallentano i fenomeni che sono alla base del raffermamento. Durante la
conservazione, i lipidi prevengono le iterazioni tra le molecole di amido,
rendendo più lenta la loro riorganizzazione (retrogradazione), ostacolano la
migrazione delle molecole di acqua tra amido e proteine, rallentando
ulteriormente i fenomeni essiccativi tipici proprio delle alterazioni
molecolari; principali fattori alla base della perdita di accettabilità da
parte del consumatore. Analisi sperimentali hanno dimostrato che per una shelf
life di un giorno l’effetto dei monogliceridi sulla sofficità della mollica è superiore
rispetto all’impiego degli shortening; dopo tale periodo si ha invece l’inversione
di tendenza. Tali osservazioni sono fondamentali in termini di prospettive migliori
di shelf life o di durata commerciale degli stessi pani. E’ fondamentale quindi
porre l’accento sull’importanza dell’azione tecnologia dei lipidi sui prodotti dell’arte
bianca soprattutto con riferimento a:
v
Aerazione degli impasti.
v
Ritenzione dei gas nella maglia glutinica e miglior
sofficità della mollica.
v
Azione plasticizzante.
v
Azione anti-raffermimento.
v
Miglioramento proprietà sensoriali e affettatura.
v
Azione lubrificante.
v
Quantità elevate però inibiscono l’azione dei
microrganismi (blastomiceti, LAB, ecc.).
L’aerazione degli impasti è la
capacità degli stessi di incorporare l’aria o i gas prodotti durante la
fermentazione e varia in base alla tipologia d’impasto e al tipo d’impastatrice
utilizzata. Il grado d’intrappolamento dei gas nell’impasto dipende dalla forza
del glutine, a sua volta influenzata dalla formazione dei complessi
gliadine-lipide-glutenine.
La ritenzione dei gas è basilare perché maggiore
è la ritenzione di gas nella maglia glutinica tanto più elevati, sono
l’incremento di volume, la sofficità o morbidezza dei prodotti da forno lievitati.
Secondo alcune teorie, un aumento della ritenzione dei gas per azione dei
grassi è da attribuirsi anche alla loro capacità di aumentare la temperatura di
gelatinizzazione dell’amido. Poiché l’aumento di volume si arresta quando
l’amido è gelatinizzato, l’addizione di grassi consente di prolungare nel tempo
il momento di fine espansione dell’impasto. Conseguentemente, è possibile
ottenere prodotti da forno più lievitati.
L’azione plasticizzante è invece la
proprietà che rende possibile la fase di miscelazione e il mantenimento di una
consistenza costante dell’impasto. Poiché la concentrazione di lipidi
nell’impasto è inversamente proporzionale al contenuto di acqua, un opportuno
dosaggio di questi composti consente di modulare i valori di umidità relativa
dei prodotti da forno.
Per azione antiraffermo, s’intende la
capacità dei grassi di ritardare il processo di retrogradazione dell’amido, che
è alla base del raffermamento dei prodotti da forno, si deve attribuire alla
formazione di complessi tra i lipidi (o gli emulsionanti) e l’amilosio. Grazie
alla sua configurazione elicoidale, l’amilosio è in grado di intrappolare le
catene alifatiche degli acidi grassi. La formazione del complesso è influenzata
dalla lunghezza e dal numero d’insaturazioni presenti all’interno della
molecola, olii rispetto ai grassi animali. I lipidi con un maggiore grado
d’insaturazione e isomeria di simmetria cis
sono più efficaci nel rallentare il fenomeno del raffermamento. I complessi
lipide-amilosio sono insolubili in acqua e tenuti insieme da interazioni
idrofobiche. Il complesso insolubile collocandosi alla superficie dei granuli
di amido, ne rallenta l’assorbimento di acqua, prevenendo, di fatto, la
gelatinizzazione dell’amido. Poiché il processo di retrogradazione riguarda
solo l’amido gelatinizzato, ne consegue che la presenza di complessi
lipide-amido contribuisce a prevenire il raffermamento dei prodotti da forno. Per
quanto riguarda invece le proprietà sensoriali si può affermare che a questo
proposito i grassi influenzano notevolmente le variabili
olfattive, gustative e visive dei prodotti da forno. Gli attributi sensoriali
maggiormente influenzati dalla presenza di grassi nella formulazione sono:
l’aroma, l’aspetto (olii spruzzati sulla superficie di cracker dopo cottura,
conferiscono un aspetto traslucido apprezzato dal consumatore) e caratteri a
loro volta legati alle proprietà reologiche del prodotto, tra le quali la
morbidezza (importante nel caso di torte, merendine, ecc.) e la croccantezza/friabilità
(biscotti, cracker, grissini, croissant, ecc.). In quest’ultimo caso la
funzione tecnologica del grasso è di “rompere” la struttura del glutine e consentire
al prodotto di spezzarsi facilmente sotto l’azione dei denti.
Sulla
base delle considerazioni fatte fino a questo momento, si può affermare che le sostanze
grasse svolgono un ruolo predominante sulle caratteristiche reologiche degli
impasti rivestendo un ruolo decisivo alla pari sia di altre variabili processo sia
delle caratteristiche intrinseche delle cultivar di frumento, tipo di
concimazione, momento della mietitura, maturazione della farina ecc. Tra le
variabili processo è bene ricordare:
v
La quantità di acqua aggiunta e le modalità (tempo
e velocità) d’impastamento.
v
Tipologia di lavoro adottata (autolisi, doppio
impasto ecc.).
v
Riposi, puntate e piegature.
v
Temperatura dell’acqua utilizzata, dell’impasto e
di lavoro.
v
Presenza di ingredienti con elevata affinità con
l’acqua e che posso competere con le proteine del glutine per legarla e
trattenerla (zuccheri, fibra, polisaccaridi non amido, sale, ecc.).
v
Presenza di ingredienti particolarmente ricchi di
amido e non di glutine che provoca un indebolimento della struttura stessa per
la formazione di un reticolo con maglie meno fitte.
v
Presenza di ingredienti che contengono
macromolecole come le fibre che creano una “rottura” delle maglie del tessuto.
v
Presenza di pentosani.
v
Utilizzo di lievito secco negli impasti “freddi”.
E’ chiaro che la scelta dell’impiego di una sostanza grassa rispetto a
un'altra prevede quindi una serie di valutazioni prima di tutto reologiche - tecnologiche
di processo (lavorabilità, stabilizzante, ecc.), sensoriali, nutrizionali e
specificatamente chimico – fisiche legate alle caratteristiche intrinseche
naturali della sostanza grassa tali da incontrare le esigenze produttive.
Attualmente, lo standard e l’accettabilità da parte del consumatore, di un
prodotto dell’arte bianca contenente sostanza grassa, sono dovuti oltre che
alla quantità e qualità di lipidi presenti, anche all’assenza di colesterolo,
ridotto apporto calorico, presenza di vitamine, fosfolipidi e antiossidanti,
leggerezza e friabilità, shelf - life più prolungata. L’attenzione sempre
maggiore del consumatore verso il cibo porta quest’ultimo a non essere più
solamente la primaria fonte di sostentamento, ma essere considerato sinonimo di
salute, digeribilità e benessere. Ecco spiegato perché molti prodotti dell’arte
bianca che prima erano realizzati con percentuali oltre il 30% di strutto, 50 -
60% di burro e 40% di uova (% calcolate in peso sulla farina) acquistano un
nuovo e maggior impatto di marketing pubblicitario oltre che salutistico -
nutrizionale se realizzati con l’oro
delle nostre tavole che tutela salute, benessere, tipicizzazione, tradizione e
cultura.