““Bambini
…la merenda è pronta!” chi non si ricorda questa frase gridata dalle
nostre mamme quando si giocava nei cortili o nei campi? La risposta molto
spesso era: “No, mamma adesso NO… dopo.
Ora sto giocando!”
Già… per noi ragazzini di allora (ora
con qualche capello grigio di troppo), la merenda era di solito pane e olio o
pane e cioccolato.
Qualcuno di voi starà inorridendo solo
all’idea, perché il suo nutrizionista info social gli ha detto di eliminare
dalla dieta, pane, grassi, carboidrati e di mangiare solo proteine, fibre
dimenticandosi i principi basilari della Dieta mediterranea già Patrimonio
Culturale e Immateriale dell’umanità dal 2010. Siamo tutti obesi per questo?
Per carità, magari qualcuno lo è diventato per ben altri motivi, ma la nostra
vita era; aria aperta, attività sportiva (gioco, svago, ginnastica) quasi tutto
il pomeriggio, pane e olio con zucchero bianco (oibò!) per qualcuno sale
(doppio oibò!) e cioccolato.“
Questa è stata l’introduzione della
mia relazione, anzi direi delle quattro chiacchere tra amici che ho fatto con
Fabio Bertoni e Luigi Caricato in occasione del Forum Pane e olio, l’abbinata vincente tenutosi all’interno della manifestazione “Olio
e Ristorazione” organizzata e diretta proprio da Luigi Caricato c/o Cascina Cuccagna
a Milano.
In Italia ci sono più di 500 cultivar di olive
che generano oli EVO dai differenti fruttati specifici del territorio e circa
400 specializzazioni territoriali di pane, ciascuno identificativo di storia,
località, provincia, regione. Sono circa 310 le specializzazioni alimentari
territoriali DOP, IGP e STG di cui 15 legate proprio al settore dell’arte
bianca; Piadina romagnola IGP, Coppia ferrarese IGP, focaccia con il formaggio
di Recco IGP, Pane di Matera IGP, Pane di Altamura DOP, pane toscano DOP, pizza
napoletana STG, pane casereccio di Genzano IGP, ecc.
Così come varietà olearie autoctone
come Casaliva, Frantoio, Leccino sono
alcune cultivar della zona del lago di Garda, mentre Taggiasca prettamente
ligure, Coratina, Nociara, Bella di Cerignola, Ogliarola salentina della Puglia
, Biancolilla, Tonda Iblea, Nocellara Etnea, Nocellara del Belice della Sicilia,
solo per citarne alcune.
Parlare di panificazione, pane e olio, vuol dire parlare della storia della gastronomia italiana
risalente ai tempi dei Greci (il primo popolo a creare il pane con le olive) e
poi ripreso dai Romani che hanno sviluppato per primi sia la carta del pane sia
la differente classificazione di farina; quella più bianca da destinare alla
nobiltà e quella sempre più “sporca” riservata al ceto medio fino alla cruscame
per gli schiavi.
Sin dal 7000 a.C. si
hanno tracce della coltivazione dell'ulivo in Siria, in seguito i Fenici lo
diffusero su tutte le coste del Mediterraneo. La coltivazione dell'olivo era praticata
all'interno di società evolute e stabili economicamente e socialmente
(conoscenze botaniche, pratiche agricole, tecniche di lavorazione ecc.) come gli
Etruschi che furono i primi produttori e commercianti di olio. Nel III
sec a.C. vi era già la professione dell’”olivicoltore” cosi come i Greci furono
i primi a introdurre la professione del “ panificatore”.
Dal tempo dei
Romani, gli ulivi hanno
sviluppato caratteristiche di adattamento al luogo di coltivazione.
Tale adattamento ha avviato un miglioramento
genetico della pianta, selezionando le varietà in base alle
condizioni climatiche e agli attacchi parassitari di uno specifico territorio.
L’ulivo è un albero che rimane strettamente legato al proprio luogo d’origine
per secoli e, questa millenaria tradizione, evidenzia la tipicità e i differenti fruttati dell’olio, noti già al tempo dei Romani; olii
sapidi della Sabina e leggeri della Liguria, mentre quelli pesanti
di Spagna e d’Africa erano utilizzati soprattutto per l’illuminazione.
Parlare di fruttato
vuol dire identificare quella sensazione olfattiva, più o meno intensa, che ricorda
nettamente non solo l’oliva fresca, ma diversi sentori; foglia di pomodoro,
pomodoro maturo, carciofo, mandorla, nocciola tostata, erba appena tagliata,
ecc., dipendenti soprattutto dalle cultivar, dalla zona di produzione e dalle
relative condizioni pedo-climatiche, ecc.
Le sensazioni di amaro e di piccante che
si percepiscono all'assaggio sono importanti indicatori di qualità e salubrità;
quanto più l'olio è amaro e piccante, tanto maggiore è il contenuto di composti
fenolici, sostanze anti-ossidanti ecc.
Così come il fruttato, anche le caratteristiche di amaro e
piccante dipendono dalle cultivar delle olive e dalla percentuale nel bland; la
pugliese Coratina è particolarmente nota per l’intensa nota amara, mentre altre
come Dolce di Rossano, Taggiasca sono più dolci e/o dalla nota amara molto
mitigata.
Se la storia
dell’olivicoltura si è modificata nei millenni così la stessa cosa riguarda l’evoluzione delle varietà di frumento;
T. monoscocca sp monoscocca (farro
piccolo) T. turgida sp dicocca (farro
medio e prima specie addomesticata), T.
aestivum sp spelta (farro grande), T.
aestivum sp vulgare (grano tenero) con le rispettive varietà antiche e storiche
e T. turgidum sp durum (grano duro),
presenti sulla Terra già 10 mila anni fa (T.
monococcum sp monococcum) sono la prova di come l’agricoltura fosse simbolo
di stanzialità, commercio, crescita socio-economica e politica dei popoli.
L’olio extravergine d’oliva EVO è decisamente uno dei componenti attrattivi del pane, pizza ecc., cosi come il
pane lo è per l’olio; rappresenta un notevole valore aggiunto sia
nutrizionale/sensoriale sia tecnologico.
PANE e OLIO si prestano a
innumerevoli abbinamenti sia per assonanza
sia per contrasto anche se quelli
meglio riusciti sono sicuramente quelli che identificano i profumi del territorio
locale.
A mio parere, un classico
abbinamento per contrasto è sicuramente
quello tra un olio EVO a fruttato intenso con un pane “ruvido” di segale o con
fibre, lasciate acidificare in madre liquida oppure una pizza con topping acidi
che contrastano la nota di testa amaro piccante dell’olio o ancora un plumcakes
di agrumi con olio siciliano oppure con lamponi e qualche goccia di olio di
Lentisco.
Se poi volessimo fare un altro
abbinamento per contrasto a tre alimenti sceglierei un pane di tipo 0 con
farina di quinoa (40%) abbinato a cioccolato fondente 70% e olio dal fruttato
medio/intenso.
Come abbinamento di assonanza per una pizza gourmet, sceglierei
un topping di radicchio rosso spadellato con olio EVO, peperoncino e noci, scaglie
di Piave e un’emulsione dello stesso olio con miele di castagno.
L’accuratezza di certi studi
qualche volta contrasta con la poca o addirittura scarsa cultura gastronomica
di qualche personaggio social che pensa che l’olio sia tutto uguale, incurante non
solo delle specifiche sensoriali di quello che hanno tra le mani, ma della
differenza tra una mono cultivar, un bland, oppure uno di semi. Già questo è abbastanza grave ma la
situazione peggiora nel momento in cui si assiste a video in cui il personaggio
maestro pizzaiolo di turno prima di infornare la pizza mette a crudo uno strato
di olio EVO (assicurandosi che sia EVO) sulla superficie e poi inforna a
350/450°C.
Una bottiglia di olio non è
solo un prezzo (ora 28 - 30 euro/litro per le DOP) ma cultura, territorio e storia così
come il pane; far raggiungere nell’immediatezza il punto di fumo dell’olio
sulla superficie vuol dire non aver compreso con quale ORO si stia
lavorando.
L’olio sulle pizze, focacce
ecc., va messo dopo la cottura in modo che tutta la preparazione abbia
l’assonanza o il contrasto creato; non capire questo vuol dire non comprendere l’arte
del piatto.