Quotidie Magazine si è sempre battuta per una corretta e scientifica
informazione e fin dall’inizio ha preso posizione su moltissimi
argomenti “caldi” come, per esempio, la lotta all’utilizzo dell’ E 153
in arte bianca e segue con estremo interesse la questione della libera
circolazione in Europa dell’olio tunisino. In proposito, qualche
collega giornalista, ha scritto: “
Beh che male c’è nel permettere l’entrata in Italia di tale olio?”.
Diciamo che sarebbe tutto lecito se non ci fosse una concorrenza sleale
di prezzo o se non venisse spacciato per italiano o ancora se non
venisse usato come olio di taglio, se ci fosse la certezza dei
trattamenti leciti sulle olive sia in campo nei frantoi, se fossero
rispettate le norme igieniche sia nei locali che sui frutti prima della
spremitura, che fosse realmente extravergine e non spacciato per tale,
ecc. Si appunto,
che male c’è? Che male c’è non combattere l’Italian sounding?
Che male c’è
non battersi per tutelare e difendere le vere aziende Made in Italy,
che lavorano materie prime italiane, che rispettano tutte le norme
legislative, che tutelano il consumatore perché credono in quello che
fanno, quando in Italia abbiamo aziende che utilizzando il marchio “Made
in Italy”, quando di “Italy” non c’è assolutamente nulla se non la sede
dell’azienda perché tutte le materie prime sono importate dall’estero e
si opera sul suolo italiano solo l’ultima fase della lavorazione?
Che male c’è
permettere l’entrata in Italia di olio spagnolo quando in quella
nazione è permesso un trattamento con disinfettante fogliare che in
Italia non è usato?
Che male c’è permettere l’entrata di grani esteri contaminati da aflatossine o con residui di acaricidi e insetticidi?
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